Il 10 ottobre 1985 rappresenta una delle pagine più intense e decisive della storia repubblicana italiana del dopoguerra, un momento in cui il nostro Paese seppe affermare la propria sovranità nazionale davanti alle pressioni del più potente alleato occidentale. Quel giorno, i caccia Grumman F-14 Tomcat della Marina degli Stati Uniti intercettarono un aereo civile egiziano che trasportava i terroristi responsabili del dirottamento della nave da crociera italiana Achille Lauro.
Gli americani costrinsero l’aereo ad atterrare nella base NATO di Sigonella, in Sicilia, con l’intento di prendere immediatamente in consegna i dirottatori. Tuttavia, quella notte, l’Italia, sotto la guida ferma e lucida del Presidente del Consiglio Bettino Craxi, dimostrò al mondo che la sovranità nazionale e il rispetto del diritto internazionale non erano principi negoziabili.
Craxi comprese perfettamente la gravità del momento: da una parte la necessità di mantenere l’alleanza strategica con gli Stati Uniti e di non compromettere i rapporti con Washington; dall’altra, il dovere costituzionale di far valere la giurisdizione italiana su un crimine commesso contro cittadini italiani, a bordo di una nave battente bandiera italiana. La notte di Sigonella divenne così il simbolo di una politica estera autonoma, fondata sulla dignità dello Stato e sul rispetto della legge.
Quando i reparti della Delta Force americana tentarono di prelevare i terroristi, furono i Carabinieri italiani a circondarli e ad opporsi con fermezza. Si trattò di un momento di tensione altissima, quasi di scontro armato tra due Paesi alleati, ma la determinazione di Craxi e l’obbedienza dei militari italiani alla catena di comando nazionale fecero prevalere il diritto sull’arbitrio.
Il coraggio politico di Craxi in quelle ore fu immenso. Seppe resistere a pressioni violentissime, sia da parte del governo americano di Ronald Reagan sia da una parte dell’opinione pubblica internazionale che pretendeva una resa italiana.
Eppure Craxi non cedette. Rivendicò con orgoglio la competenza della magistratura italiana e difese fino in fondo l’onore del Paese, dimostrando che l’Italia non era una nazione vassalla, ma uno Stato sovrano capace di far valere le proprie leggi e i propri principi anche nei confronti del più potente dei suoi alleati. Fu una lezione di fierezza istituzionale, di autonomia politica e di responsabilità democratica.
La notte di Sigonella resta dunque un episodio emblematico non solo della leadership di Bettino Craxi, ma di ciò che l’Italia può essere quando trova la forza di credere in sé stessa. In quel momento, la bandiera tricolore sventolò alta non per orgoglio retorico, ma per dignità sostanziale: un piccolo grande Paese che, sotto la guida di un uomo di Stato autentico, seppe dire “no” al sopruso e “sì” al diritto.
Oggi, a distanza di decenni, quella notte rimane uno dei più alti esempi di politica estera italiana del Novecento, e un tributo alla visione e al coraggio di Bettino Craxi, il leader che restituì all’Italia la consapevolezza della propria sovranità e della propria dignità nel concerto delle nazioni.

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L’unica vera vittima però fu un cittadino statunitense, anche se l’omicidio avvenne in territorio italiano. Per questo era competente la magistratura italiana. La pena prevista era l’ergastolo e nessuno dei terroristi di mai condannato dai nostri giudici per l’omicidio