La Corte europea dei diritti dell’uomo, istituita il 1º novembre 1998 con l’intento nobile di garantire la tutela effettiva dei diritti fondamentali dei cittadini europei, ha progressivamente smarrito la propria funzione originaria trasformandosi, in non pochi casi, in un organo che appare più politico che giuridico. Nata come baluardo contro gli abusi degli Stati, si è via via configurata come un tribunale che pretende di ridefinire i valori stessi su cui si fondano le nazioni europee, sostituendo alle tradizioni giuridiche e morali dei popoli un’ideologia astratta e omologante, spesso in contrasto con la sovranità democratica e con i principi costituzionali nazionali.
Le sue sentenze, che dovrebbero limitarsi a interpretare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, si spingono sempre più spesso a dettare norme di comportamento, a riscrivere il diritto di famiglia, a interferire nelle questioni etiche, religiose e culturali, imponendo una visione antropologica estranea alla storia e alla sensibilità di molti Paesi membri. La Corte, da garante dei diritti, sembra essersi fatta promotrice di un progetto ideologico che, sotto il pretesto della “modernità” e dei “nuovi diritti”, finisce per indebolire i fondamenti morali e giuridici dell’Europa.
Non si tratta di negare l’importanza della tutela dei diritti umani, ma di denunciare la loro deformazione: l’idea stessa di “diritto” viene piegata alle mode culturali e alle pressioni politiche, mentre i principi non negoziabili della dignità umana, della vita e della famiglia vengono relativizzati o ignorati. Così, mentre i cittadini percepiscono un crescente distacco tra le istituzioni europee e le realtà nazionali, la Corte di Strasburgo, che avrebbe dovuto rappresentare una garanzia di giustizia sovranazionale, rischia di divenire uno strumento di ingegneria sociale, un’arena dove si legittimano le scelte più controverse senza il consenso dei popoli.
La politicizzazione della Corte non solo mina la sua credibilità, ma incrina la fiducia nell’intero sistema europeo dei diritti: là dove il diritto si piega all’ideologia, la giustizia smette di essere universale e diventa un atto di potere.
