Il Santo Padre Leone XIV ha ricevuto ieri mttina in udienza Mahamat Idriss Déby Itno, Presidente della Repubblica del Ciad, il Card. Baltazar Enrique Porras Cardozo, Arcivescovo emerito di Caracas (Venezuela), Mons. Iosif Staneuski, Arcivescovo Metropolita di Minsk-Mohilev (Bielorussia), Mons. Aliaksandr Yasheuski, S.D.B., Vescovo tit. di Fornos maggiore, Mons. Andrés Carrascosa Coso, Arcivescovo tit. di Elo, Nunzio Apostolico in Ecuador, Mons. Tulio Luis Ramírez Padilla, Vescovo di Guarenas (Venezuela) e, soprattutto, ha fatto visita alla Sede della FAO in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione e della Celebrazione dell’80° Anniversario della fondazione dell’Organizzazione.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti.
Signor Direttore Generale,
Distinte Autorità,
Eccellenze,
Signore e Signori:
1. Permettetemi, anzitutto, di esprimere il mio più cordiale ringraziamento per l’invito a condividere con voi questa memorabile giornata. Visito questa prestigiosa Sede seguendo l’esempio dei miei Predecessori sulla Cattedra di Pietro, che hanno riservato alla FAO una particolare stima e vicinanza, consapevoli dell’importante mandato di questa organizzazione internazionale.
Rivolgo un saluto a tutti i presenti con grande rispetto e deferenza, e, attraverso di voi, come servitore del Vangelo, esprimo a tutti i popoli della terra il mio più fervente desiderio che la pace regni ovunque. Il cuore del Papa, che non appartiene a sé stesso ma alla Chiesa e, in un certo senso, all’intera umanità, mantiene viva la fiducia che, se la fame verrà sconfitta, la pace sarà il terreno fertile da cui germoglierà il bene comune di tutte le nazioni.
A ottant’anni dalla fondazione della FAO, la nostra coscienza deve nuovamente interpellarci di fronte al dramma — sempre attuale — della fame e della malnutrizione. Porre fine a questi mali non riguarda solo imprenditori, funzionari o responsabili politici. È un problema la cui soluzione richiede il contributo di tutti: agenzie internazionali, governi, istituzioni pubbliche, ONG, enti accademici e società civile, senza dimenticare ciascuna persona in particolare, che deve vedere nella sofferenza altrui qualcosa di proprio. Chi soffre la fame non è uno sconosciuto: è mio fratello, e devo aiutarlo senza alcun indugio.
2. L’obiettivo che oggi ci vede riuniti è tanto nobile quanto imprescindibile: mobilitare tutte le energie disponibili, in uno spirito di solidarietà, affinché nel mondo non vi sia più nessuno cui manchi il cibo necessario, sia in quantità che in qualità. In tal modo si porrà fine a una condizione che nega la dignità umana, compromette lo sviluppo auspicabile, costringe iniquamente moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case e ostacola la comprensione tra i popoli.
Fin dalla sua fondazione, la FAO ha orientato instancabilmente la sua opera affinché lo sviluppo dell’agricoltura e la sicurezza alimentare fossero obiettivi prioritari della politica internazionale. In questo senso, a cinque anni dal compimento dell’Agenda 2030, dobbiamo ricordare con forza che raggiungere l’obiettivo “Fame Zero” sarà possibile solo se esiste una reale volontà di farlo, e non soltanto solenni dichiarazioni. Per questo, con rinnovata urgenza, oggi siamo chiamati a rispondere a una domanda fondamentale: a che punto siamo nella lotta contro la piaga della fame, che continua ad affliggere atrocemente una parte significativa dell’umanità?
3. È necessario, e profondamente triste, constatare che, nonostante i progressi tecnologici, scientifici e produttivi, seicentosettantatré milioni di persone nel mondo vanno a dormire senza aver mangiato. E altri due miliardi e trecento milioni non possono permettersi un’alimentazione adeguata dal punto di vista nutrizionale.
Non si tratta di semplici cifre: dietro ciascuno di quei numeri c’è una vita spezzata, una comunità vulnerabile; ci sono madri che non possono nutrire i propri figli. Forse il dato più commovente riguarda i bambini che soffrono di malnutrizione, con le conseguenti malattie e i ritardi nello sviluppo motorio e cognitivo.
Ciò non è frutto del caso, ma il segno evidente di un’insensibilità dominante, di un’economia senz’anima, di un discutibile modello di sviluppo e di un sistema di distribuzione delle risorse ingiusto e insostenibile. In un’epoca in cui la scienza ha prolungato la speranza di vita, la tecnologia ha avvicinato i continenti e la conoscenza ha aperto orizzonti un tempo inimmaginabili, permettere che milioni di esseri umani vivano — e muoiano — colpiti dalla fame è un fallimento collettivo, uno smarrimento etico, una colpa storica.
4. Gli scenari dei conflitti attuali hanno fatto riemergere l’uso del cibo come arma di guerra, contraddicendo tutto il lavoro di sensibilizzazione portato avanti dalla FAO durante questi ottant’anni. Si allontana sempre più quel consenso espresso dagli Stati, che considera la fame deliberatamente provocata un crimine di guerra, così come l’impedire intenzionalmente l’accesso al cibo a intere comunità o popoli.
Il diritto internazionale umanitario vieta senza eccezione gli attacchi ai civili e ai beni essenziali per la sopravvivenza delle popolazioni. Qualche anno fa, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato all’unanimità questa pratica, riconoscendo il legame tra conflitti armati e insicurezza alimentare, e stigmatizzando l’uso della fame inflitta ai civili come metodo di guerra.
Ciò sembra dimenticato, poiché, con dolore, siamo testimoni del continuo uso di questa strategia crudele, che condanna uomini, donne e bambini alla fame, negando loro il diritto più elementare: il diritto alla vita. Tuttavia, il silenzio di chi muore di fame grida nella coscienza di tutti, anche se spesso viene ignorato, soffocato o distorto.
Non possiamo continuare così, perché la fame non è il destino dell’uomo, ma la sua rovina. Rinforziamo dunque il nostro entusiasmo per porre rimedio a questo scandalo! Non fermiamoci pensando che la fame sia soltanto un problema da risolvere: è di più. È un grido che sale al cielo e che richiede la pronta risposta di ogni nazione, di ogni organismo internazionale, di ogni istanza regionale, locale o privata. Nessuno può restare ai margini di questa lotta instancabile contro la fame. Questa battaglia è di tutti.
5. Eccellenze, oggi assistiamo a paradossi oltraggiosi. Come possiamo continuare a tollerare che si sprechino enormi quantità di cibo mentre moltitudini di persone frugano tra i rifiuti in cerca di qualcosa da mangiare? Come spiegare le disuguaglianze che permettono a pochi di avere tutto e a molti di non avere nulla?
Come mai non si fermano immediatamente le guerre che distruggono i campi prima ancora delle città, giungendo a scene indegne della condizione umana, in cui la vita delle persone, e in particolare quella dei bambini, invece di essere custodita, si spegne mentre vanno in cerca di cibo, con la pelle incollata alle ossa?
Osservando il panorama mondiale attuale, tanto doloroso e desolante per i conflitti che lo affliggono, sembra che siamo diventati testimoni apatici di una violenza lacerante, quando invece le tragedie umanitarie note a tutti dovrebbero spingerci a essere artigiani di pace, portatori del balsamo che guarisce le ferite aperte nel cuore stesso dell’umanità.
Il mondo non può continuare ad assistere a spettacoli tanto macabri come quelli che si svolgono in numerose regioni della terra. Bisogna porvi fine al più presto.
È giunto il momento di chiederci, con lucidità e coraggio: le generazioni future meritano davvero un mondo incapace di sradicare una volta per tutte la fame e la miseria? È possibile che non si riesca a porre fine a tante e così dolorose ingiustizie che segnano negativamente la famiglia umana?
I responsabili politici e sociali possono continuare a restare divisi, sprecando tempo e risorse in discussioni sterili e virulente, mentre coloro che dovrebbero servire restano dimenticati e usati per interessi di parte?
Non possiamo limitarci a proclamare i valori: dobbiamo incarnarli. Gli slogan non tolgono dalla miseria. È urgente superare un paradigma politico esasperato, fondandoci su una visione etica che prevalga sul pragmatismo dominante, che sostituisce la persona con il profitto. Non basta invocare la solidarietà: occorre garantire la sicurezza alimentare, l’accesso alle risorse e lo sviluppo rurale sostenibile.
6. In questo senso, mi sembra assai opportuno che la Giornata Mondiale dell’Alimentazione si celebri quest’anno con il motto: *«Mano nella mano per un’alimentazione e un futuro migliori».
In un momento storico segnato da profonde divisioni e contraddizioni, sentirsi uniti dal vincolo della collaborazione non è solo un bell’ideale, ma un deciso appello all’azione. Non dobbiamo accontentarci di riempire i muri con grandi e vistosi manifesti: è giunto il tempo di assumere un rinnovato impegno, che incida concretamente nella vita di coloro che hanno lo stomaco vuoto e attendono da noi gesti concreti che li sollevino dalla loro prostrazione.
Tale obiettivo può essere raggiunto solo attraverso la convergenza di politiche efficaci e un’attuazione coordinata e sinergica degli interventi. L’esortazione a camminare insieme, in concordia fraterna, deve divenire il principio guida delle politiche e degli investimenti, perché soltanto mediante una cooperazione sincera e costante si potrà costruire una sicurezza alimentare giusta e accessibile per tutti.
Solo unendo le nostre mani potremo costruire un futuro degno, nel quale la sicurezza alimentare si riaffermi come un diritto e non come un privilegio.
Con questa convinzione, desidero sottolineare che, nella lotta contro la fame e nella promozione di uno sviluppo integrale, il ruolo della donna è indispensabile, benché non sempre sufficientemente apprezzato. Le donne sono le prime a vegliare sul pane che manca, a seminare speranza nei solchi della terra, a impastare il futuro con le mani indurite dalla fatica. In ogni angolo del mondo, la donna è silenziosa architetta della sopravvivenza, custode metodica della creazione. Riconoscere e valorizzare il suo ruolo non è solo una questione di giustizia: è garanzia di un’alimentazione più umana e duratura.
7. Eccellenze, conoscendo la portata di questo foro internazionale, permettetemi di sottolineare con franchezza l’importanza del multilateralismo di fronte alle nocive tentazioni che tendono a erigersi in forme autocratiche, in un mondo multipolare e sempre più interconnesso.
È dunque oggi più necessario che mai ripensare con audacia le modalità della cooperazione internazionale. Non si tratta solo di individuare strategie o stilare minuziose analisi.
Ciò che i Paesi più poveri attendono con speranza è che la loro voce sia ascoltata senza filtri, che siano realmente conosciute le loro carenze e che venga offerta loro un’opportunità, affinché possano partecipare alla soluzione dei loro veri problemi, senza che vengano imposte soluzioni elaborate in lontani uffici, in riunioni dominate da ideologie che spesso ignorano culture ancestrali, tradizioni religiose o consuetudini radicate nella saggezza degli anziani.
È imprescindibile costruire una visione che consenta a ogni attore della scena internazionale di rispondere con maggiore efficacia e prontezza ai bisogni autentici di coloro che siamo chiamati a servire con il nostro impegno quotidiano.
8. Oggi non possiamo più illuderci pensando che le conseguenze dei nostri fallimenti colpiscano soltanto coloro che restano nascosti ai nostri occhi. I volti affamati di tanti che ancora soffrono ci interpellano e ci invitano a rivedere il nostro stile di vita, le nostre priorità e il nostro modo di vivere nel mondo attuale.
Per questo motivo, desidero richiamare l’attenzione di questo foro internazionale sulle moltitudini che non hanno accesso ad acqua potabile, cibo, cure mediche essenziali, un’abitazione dignitosa, un’istruzione di base o un lavoro decoroso, affinché possiamo condividere il dolore di coloro che si nutrono solo di disperazione, lacrime e miseria.
Come potremmo dimenticare coloro che sono condannati alla morte e alla sofferenza in Ucraina, Gaza, Haiti, Afghanistan, Mali, Repubblica Centrafricana, Yemen e Sudan del Sud, per citare solo alcuni luoghi del pianeta dove la povertà è divenuta il pane quotidiano di tanti nostri fratelli e sorelle?
La comunità internazionale non può voltarsi dall’altra parte. Dobbiamo fare nostro il loro dolore.
Non possiamo aspirare a una vita sociale più giusta se non siamo disposti a liberarci dall’apatia che giustifica la fame come se fosse una musica di sottofondo cui ci siamo abituati, un problema insolubile o una responsabilità altrui. Non possiamo pretendere l’azione degli altri se noi stessi non rispettiamo i nostri impegni. Con la nostra omissione diventiamo complici della promozione dell’ingiustizia.
Non possiamo sperare in un mondo migliore, in un futuro luminoso e pacifico, se non siamo disposti a condividere ciò che noi stessi abbiamo ricevuto. Solo allora potremo affermare — con verità e coraggio — che nessuno è stato lasciato indietro.
9. Invoco su tutti voi qui riuniti — sulla FAO e sui suoi funzionari, che ogni giorno si adoperano per adempiere con virtù le proprie responsabilità e dare esempio — la benedizione di Dio, che ha cura dei poveri, degli affamati e degli indifesi.
Possa Dio rinnovare in ciascuno di noi quella speranza che non delude (cfr. Rm 5,5). Le sfide che ci attendono sono immense, ma altrettanto grande è il nostro potenziale e la gamma delle possibili azioni.
La fame ha molti nomi e grava sull’intera famiglia umana. Ogni persona ha fame non solo di pane, ma anche di tutto ciò che consente di maturare e crescere verso la felicità per la quale tutti siamo stati creati.
C’è una fame di fede, di speranza e di amore, che deve essere incanalata nella risposta globale alla quale siamo chiamati a partecipare insieme.
Ciò che Gesù disse ai suoi discepoli di fronte a una folla affamata rimane una sfida fondamentale e pressante per la comunità internazionale: «Date loro voi stessi da mangiare» (Mc 6,37).
Con il piccolo contributo dei discepoli, Gesù compì un grande miracolo. Non stanchiamoci dunque di chiedere oggi a Dio il coraggio e la forza di continuare a lavorare per una giustizia che porti frutti duraturi e benefici.
Nel proseguire i vostri sforzi, potrete sempre contare sulla solidarietà, sull’impegno e sul sostegno della Santa Sede e delle istituzioni della Chiesa Cattolica, pronte a uscire e servire i più poveri e i più svantaggiati del mondo intero.
Grazie di cuore.
