La scomparsa di Sister Jean Dolores Schmidt, a 106 anni, segna la fine di una delle figure più straordinarie e amate non solo nel mondo del college basket, ma nella cultura americana contemporanea.
La sua non era una fama costruita sui riflettori, ma un carisma che si è imposto con la forza silenziosa dell’autenticità, della dedizione e dell’amore incondizionato verso gli altri.
Suora della congregazione delle Sisters of Charity of the Blessed Virgin Mary, Sister Jean è diventata un simbolo nazionale nel 2018, quando la squadra di basket della Loyola University Chicago, i Ramblers, raggiunse le Final Four del torneo NCAA, la celebre March Madness, per la prima volta dal 1963.
Ma anche prima di quel trionfo sportivo che la catapultò sotto i riflettori dei media mondiali, la sua presenza era da tempo fondamentale nella vita del campus: cappellana, mentore, consigliera, scout, tifosa e, soprattutto, una figura capace di incarnare la missione educativa e spirituale dell’università.
Seduta a bordocampo con il sorriso acceso, la sciarpa e la giacca granata e oro, le Nike personalizzate regalate dai giocatori con il suo nome, Sister Jean era ben più di una mascotte o di un volto iconico: era il cuore pulsante di una comunità che in lei trovava una guida e una madre spirituale.
La sua conoscenza tecnica del basket era sorprendente; inviava rapporti dettagliati allo staff con osservazioni tattiche, analizzava le squadre avversarie, suggeriva strategie, e durante le preghiere pre-partita infilava spesso consigli tecnici, come quando nel 2021 predisse la possibilità di battere la favorita Illinois grazie alla capacità di sfruttare i rimbalzi e neutralizzare i punti deboli avversari: Loyola vinse, e lei fu ancora una volta parte della magia.
Ma ciò che rende Sister Jean un’icona irripetibile non è solo il suo ruolo nel basket universitario, è il modo in cui ha vissuto ogni giorno della sua lunga vita.
Nata nel 1919 a San Francisco, cresciuta tra sport, fede e insegnamento, ha attraversato un secolo di cambiamenti rimanendo fedele alla propria missione: educare, sostenere, ispirare.
Ha insegnato in scuole cattoliche a Los Angeles e Chicago, ha allenato squadre di ogni tipo — basket, pallavolo, atletica, softball, perfino ping pong e yo-yo — ed è diventata un punto di riferimento per generazioni di studenti.
Quando a 75 anni avrebbe dovuto andare in pensione, l’università le chiese di restare per seguire gli studenti-atleti: accettò con entusiasmo e da lì nacque una nuova fase della sua vocazione, culminata nella nomina a cappellana della squadra maschile di basket.
Per lei quello fu il capitolo più importante e trasformativo della propria vita, come scrisse nella sua autobiografia.
La sua eredità è una testimonianza rara e preziosa di come una singola persona, armata solo di fede, dedizione e sorrisi, possa unire intere comunità. Passare del tempo con Sister Jean era un’esperienza arricchente, carica di speranza, entusiasmo e ascolto autentico. Aveva creato progetti per mettere in contatto studenti e anziani, trovava sempre il tempo per offrire una parola gentile, un incoraggiamento, un consiglio.
Anche Barack Obama l’ha ricordata con commozione, sottolineando quanto March Madness non sarà più la stessa senza di lei. E ha ragione: Sister Jean era un punto fermo in un mondo spesso caotico, una figura che ricordava a tutti che sport, educazione e fede possono convivere in armonia, e che anche nel rumore assordante dei palazzetti e nella frenesia dei tornei, c’è spazio per una voce gentile, ferma e ispiratrice.
Ha vissuto ogni giorno con lo spirito di chi non si ritira mai dalla vita, nemmeno a 106 anni, nemmeno su una sedia a rotelle. La sua presenza non si spegnerà con la sua morte, perché la forza della sua testimonianza continuerà a brillare nei ricordi degli studenti, dei giocatori, degli allenatori, dei fedeli e di chiunque abbia avuto la fortuna di incrociare il suo cammino.
Addio, Sister Jean: non sarai mai solo una pagina di storia del basket, ma un esempio eterno di come la fede, la passione e la dedizione possano rendere ogni vita straordinaria.
