A cura della Redazione
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IL SILENZIO COLPEVOLE DELLA CLASSE POLITICA
Sono passati alcuni anni dalla gestione politica dell’emergenza sanitaria da Covid-19, ma le ferite, ancora aperte, reclamano verità e giustizia.
È stata una stagione in cui lo Stato di diritto ha vacillato, la Costituzione è stata ignorata e la dignità di milioni di cittadini è stata calpestata in nome di una “salute pubblica” trasformata in dogma indiscutibile.
I protagonisti di questo dramma? Politici, ministri, presidenti del consiglio, parlamentari e amministratori locali che, anziché ascoltare, discernere e garantire libertà, hanno scelto la via della coercizione, del ricatto e della discriminazione.
Due figure, più di tutte, incarnano questo: Mario Draghi e Roberto Speranza.
Il primo, osannato come “salvatore della patria”, ha impresso alla campagna vaccinale un’impronta autoritaria, trasformando Palazzo Chigi in una centrale del pensiero unico.
La frase che ha segnato un’epoca — “Chi non si vaccina, si ammala, muore o fa morire” — non è solo un grave errore comunicativo: è un atto d’accusa infamante contro milioni di cittadini che, esercitando il proprio diritto alla libertà terapeutica, sono stati trattati alla stregua di untori medievali.
Il secondo, Roberto Speranza, ministro della Salute, ha sostenuto protocolli che oggi risultano sempre più controversi e ha escluso ogni forma di confronto pluralistico. Ha ignorato le voci di centinaia di medici, professori, ricercatori che chiedevano cautela, vigilanza, trattamenti alternativi. Ha imposto una visione unilaterale e ideologica della medicina, in cui la persona non era più soggetto, ma oggetto di una pianificazione sanitaria cieca e impietosa.
Ma non sono stati i soli. Con loro, una pletora di politici di ogni schieramento ha fatto a gara nel criminalizzare chi dissentiva, in un crescendo di offese, invettive, minacce pubbliche e delegittimazione morale.
“Novax,” “delinquenti,” “criminali,” “nemici della società”: queste ed altre definizioni indegne sono state pronunciate da parlamentari, governatori, sindaci, eurodeputati.
Si è permesso che il dibattito pubblico degenerasse in una caccia alle streghe, mentre chi invocava semplicemente prudenza o libertà veniva ridicolizzato, isolato o costretto alla marginalità sociale e lavorativa.
I danni sono incalcolabili: famiglie spezzate, cittadini esclusi dal lavoro, studenti discriminati, lavoratori sospesi senza stipendio, anziani privati del diritto di visita.
E tutto ciò, in nome di un Green Pass che non tutelava la salute, ma premiava la sottomissione. Un lasciapassare sanitario trasformato in strumento di controllo, che ha introdotto una pericolosa gerarchia dei diritti civili: chi obbedisce gode dei diritti, chi dissente viene punito.
E oggi, davanti ai dati crescenti su effetti avversi, inefficacia preventiva, studi scientifici revisionati e testimonianze di medici ed esperti pentiti, dove sono queste figure politiche? Quale parola di scusa, di autocritica, di verità hanno pronunciato?
Nessuna. Solo silenzio. Un silenzio che diventa complicità, una rimozione che sfocia nel negazionismo istituzionale.
La classe politica ha fallito nel suo compito più alto: garantire i diritti fondamentali e proteggere i cittadini. Ha invece alimentato una narrazione tossica, ha zittito ogni dissenso, ha perseguito una strategia della paura. E oggi, davanti alla crescente evidenza degli errori commessi, non trova il coraggio di assumersi la responsabilità. Anzi, molti cercano di riscrivere la storia, occultando parole e atti che restano invece incisi nella memoria collettiva di chi ha pagato — anche con la vita — le scelte sbagliate altrui.
Eppure, l’errore politico può essere umano. Ciò che è moralmente inaccettabile è il rifiuto ostinato di riconoscerlo. Non è vendetta quella che chiediamo, ma giustizia. Non si tratta di crocifiggere nessuno, ma di pretendere risposte, chiarimenti, assunzione di responsabilità.
Perché chi ha contribuito a costruire un sistema discriminatorio, chi ha fatto propaganda su un trattamento ancora in fase sperimentale, chi ha colpevolizzato interi segmenti della popolazione deve rispondere, politicamente e moralmente, del proprio operato.
L’invocazione al “bene comune” non può mai giustificare la violazione della libertà personale, soprattutto quando quel bene è definito arbitrariamente e senza possibilità di discussione. E lo Stato, se diventa nemico della libertà, cessa di essere custode della democrazia.
Ciò che abbiamo vissuto — e che ancora fatichiamo a elaborare — è stata una forma di violenza istituzionalizzata. Una violenza che ha avuto il volto freddo di conferenze stampa, decreti-legge, dpcm, campagne martellanti, spot televisivi e dichiarazioni pubbliche offensive. Una violenza che ha lasciato dietro di sé ferite psicologiche, famiglie distrutte, sogni spezzati, vite rovinate.
Ora è tempo di smascherare l’ipocrisia. Tempo di chiedere, con forza, verità. Di non dimenticare le parole ingiuste pronunciate nei talk show, le leggi liberticide approvate in parlamento, le sanzioni inflitte a chi difendeva la propria integrità fisica e morale.
È tempo di dare voce a chi è stato calpestato. Tempo di pretendere giustizia per i morti nelle nostre famiglie, per i malati dimenticati, per gli emarginati dalla politica della paura.
Se davvero crediamo nella democrazia, allora non possiamo tollerare che chi ha governato con arroganza, cieco di fronte all’evidenza, oggi se ne lavi le mani. La riconciliazione è possibile solo quando si riconosce la verità. E la verità non ha paura di emergere: sono solo i colpevoli a temerla.
Ecco perché continueremo a chiedere che Draghi, Speranza, e tutti coloro che hanno tradito i principi fondamentali della Repubblica, anche uno che è ancora in carica e che non possiamo citare…, rispondano delle loro azioni. Non per odio. Ma per rispetto della nostra dignità. Per onorare chi non c’è più. Per proteggere le generazioni future. Perché non accada mai più.

Comportamento da esecutori. Fosse stato un fenomeno dipeso da scelte autonome della politica italiana, il fronte di omertà globale sarebbe già crollato. Il guaio è che l’Italia è stata prescelta da altri potentati e tale e’ il suo compito che nn può essere messo in discussione.