La decisione di Alberto Belli Paci, figlio di Liliana Segre, di aderire a Forza Italia non è solo una notizia politica: è un gesto di libertà. In un Paese dove troppo spesso le appartenenze familiari e i legami simbolici diventano etichette, la scelta di Belli Paci restituisce dignità all’individuo, alla responsabilità personale e al pluralismo autentico.
Che il primogenito di una figura come Liliana Segre – testimone dell’orrore della Shoah, voce limpida della memoria e della coscienza repubblicana – decida di collocarsi nel centrodestra non è una contraddizione, ma una prova di maturità democratica. Dimostra che le radici etiche e civiche possono generare rami diversi, senza mai rinnegare il tronco comune dei valori umani.
Belli Paci si definisce “liberale”, e la sua adesione al partito fondato da Silvio Berlusconi, oggi guidato con equilibrio da Antonio Tajani, rappresenta il desiderio di contribuire a un dialogo politico moderato, europeista e responsabile. In un tempo in cui la scena pubblica è spesso dominata da toni estremi, la presenza di una figura che ha fatto della lotta all’odio e dell’impegno per la pace un principio di vita è un segnale incoraggiante.
Significative anche le parole della madre: «Vai, sei grande!». In quella frase c’è tutta la saggezza di una donna che ha conosciuto l’intolleranza e che, proprio per questo, crede nella libertà delle scelte. È la lezione più alta che una madre possa dare: il rispetto della coscienza altrui.
Il gesto di Alberto Belli Paci non divide, ma arricchisce il dibattito politico italiano. Ricorda a tutti che la libertà non è soltanto un diritto, ma una responsabilità. E che la democrazia vive quando un figlio della Memoria può scegliere liberamente il proprio cammino politico, senza dover chiedere permesso a nessuno.
