La recente dichiarazione del presidente americano Donald Trump, secondo cui Israele potrà riprendere le operazioni militari nel momento stesso in cui Hamas violerà l’accordo, rappresenta un ulteriore punto di svolta in una crisi che da troppo tempo semina morte e distruzione.
Nonostante i tentativi della comunità internazionale di promuovere un cessate il fuoco duraturo e di riportare le parti al tavolo del dialogo, ancora una volta è Hamas a mostrarsi inadempiente, incapace o non intenzionata a rispettare gli impegni presi.
Il movimento islamista, nella sua componente armata, aveva promesso la restituzione degli ostaggi israeliani o quantomeno dei loro corpi, in segno di buona volontà e di apertura verso una soluzione umanitaria della crisi.
Tuttavia, la recente dichiarazione di Hamas dimostra il contrario: si ammette di non essere stati in grado di localizzare tutti i corpi, si parla di “grandi sforzi” e di “attrezzature speciali” necessarie, quasi a voler mascherare con parole vaghe e ambigue un fallimento che è prima di tutto politico e morale.
La verità è che Hamas continua a giocare una partita cinica sulla pelle degli ostaggi, usando vite umane come merce di scambio, come strumento di pressione, come leva negoziale.
Questo comportamento, oltre a disumanizzare il conflitto, mina alla base ogni possibilità di negoziazione credibile e rafforza le posizioni più dure all’interno dello schieramento israeliano e internazionale.
Israele, che ha accettato una tregua e ha sospeso le ostilità per favorire una soluzione pacifica, si trova ora con un pugno di mosche, mentre Hamas si dimostra inaffidabile e manipolatore.
La responsabilità di una ripresa delle ostilità, a questo punto, ricadrebbe inevitabilmente su chi non ha rispettato i patti, e non si può fare finta che non sia Hamas ad aver tradito la fiducia posta in un fragile ma importante accordo.
Le parole di Trump, per quanto forti, riflettono una realtà concreta: la tregua non può essere unilaterale, e se una delle parti la infrange, l’altra ha il diritto – e forse il dovere – di difendersi. In un conflitto così intricato e doloroso, la strada per la pace non può che passare attraverso il rispetto degli accordi, la trasparenza e la volontà sincera di mettere fine al dolore.
Ma finché Hamas continuerà a muoversi nell’ombra, a parlare in toni ambigui e a non onorare gli impegni presi, ogni spiraglio di pace resterà chiuso e ogni possibilità di una soluzione negoziata sarà solo un’illusione.
