Il 16 ottobre 1986 segna una data storica nella cronaca dell’alpinismo mondiale: Reinhold Messner, l’uomo che ha trasformato la montagna in una sfida interiore prima ancora che fisica, raggiunge la vetta del Lhotse, in Nepal, e diventa così il primo essere umano ad aver scalato tutte le quattordici montagne della Terra che superano gli ottomila metri.
Con questa impresa, Messner non solo completa una collezione di cime leggendarie, ma consacra un nuovo modo di intendere l’alpinismo, fondato sulla purezza del gesto, sulla rinuncia all’ossigeno artificiale e sull’autosufficienza assoluta.
Nato a Bressanone nel 1944, cresciuto tra le rocce e i ghiacciai dell’Alto Adige, Messner aveva dimostrato fin da giovane un talento fuori dal comune, unito a una determinazione inflessibile e a un profondo rispetto per la montagna. Ogni sua ascensione è stata un capitolo di una storia epica, scritta con il sudore, la fatica e il rischio costante della vita.
Dopo aver conquistato il Nanga Parbat nel 1970, in una spedizione tragica segnata dalla morte del fratello Günther, Messner non si è più fermato: Everest, K2, Kanchenjunga, Annapurna, Dhaulagiri, Cho Oyu, Shishapangma e le altre cime si sono succedute in un percorso che ha unito l’audacia dell’uomo moderno al rispetto quasi sacrale delle forze della natura.
Il suo stile, definito “by fair means”, cioè senza aiuti esterni, ha rotto con la tradizione delle grandi spedizioni militari e nazionali, restituendo all’alpinismo la dimensione individuale e spirituale delle origini.
Scalare un ottomila senza ossigeno significava affrontare la montagna nella sua nudità, accettando la possibilità di fallire o di morire, ma anche di toccare il limite estremo dell’esperienza umana.
Quando Messner mette piede sulla cima del Lhotse, a 8.516 metri, non c’è trionfo urlato, non c’è spettacolo: c’è il silenzio del cielo, la consapevolezza di un percorso che lo ha portato oltre i confini del possibile, e forse anche oltre se stesso. Con quell’ultima vetta, l’alpinista altoatesino entra nella leggenda, ma non smette di cercare nuove frontiere: attraverserà l’Antartide, il Gobi, la Groenlandia, porterà l’alpinismo nel deserto e nella mente.
Il suo nome diventa sinonimo di coraggio, visione e libertà, un simbolo di ciò che l’uomo può compiere quando accetta di misurarsi con l’infinito senza trucchi né scorciatoie.
Reinhold Messner non è soltanto il primo a conquistare tutti gli ottomila, ma il primo a comprendere che la vera conquista non è la vetta, bensì il cammino verso di essa.
