Il 31 ottobre 1517 segna una delle date più tragiche della storia della Cristianità: Martin Lutero, monaco agostiniano ribelle, affigge le sue novantacinque tesi sul portale della chiesa del castello di Wittenberg, dando così inizio a quella che egli stesso chiamò “riforma”, ma che si rivelò essere una devastazione spirituale, morale e sociale senza precedenti.
Sotto il pretesto di combattere gli abusi e di purificare la fede, Lutero scatenò una rivoluzione che distrusse l’unità della Chiesa, dilaniò l’Europa e seminò un’eredità di confusione dottrinale, relativismo e ribellione che continua a corrodere l’anima dell’Occidente fino ai nostri giorni.
Ciò che nacque come una contestazione accademica divenne rapidamente una ribellione teologica contro l’autorità del Papa, dei Concili e della Tradizione apostolica. Lutero, abbandonando l’obbedienza che aveva promesso con voto solenne, si pose come giudice supremo della Scrittura, negando il Magistero della Chiesa e proclamando il principio distruttivo del libero esame: ogni individuo, affermava, avrebbe il diritto di interpretare la Bibbia da sé, senza vincolo alcuno. In tal modo, egli aprì la via a un soggettivismo religioso che avrebbe dissolto ogni certezza dogmatica.
Con la negazione del Papato, del sacrificio della Messa, dei sacramenti – ridotti a due semplici segni –, della vita consacrata e del valore delle opere buone, Lutero demolì l’ordine soprannaturale che per quindici secoli aveva sorretto la civiltà cristiana. Egli predicò la “giustificazione per la sola fede”, separando la fede dalla carità e riducendo la vita cristiana a una fiducia interiore, priva di meriti e di responsabilità morale.
Tale dottrina, presentata come liberazione, condusse invece a un fatalismo spirituale e a un permissivismo etico: l’uomo, secondo Lutero, rimane irrimediabilmente corrotto, incapace di cooperare alla grazia, e perfino le sue opere buone restano peccato.
Da questa visione disperata nacque una religione deformata, senza sacrificio, senza sacerdozio, senza mistero, in cui la croce di Cristo non redime ma copre, come un manto, la miseria umana senza trasformarla.
Le conseguenze furono devastanti. Intere nazioni si staccarono dalla Sede di Pietro, i monasteri furono soppressi, le chiese saccheggiate, le immagini sacre distrutte, le reliquie profanate, i sacerdoti perseguitati. Le guerre di religione insanguinarono l’Europa, e l’unità cristiana che aveva fatto dell’Europa una Respublica Christiana si dissolse nel fuoco dell’eresia e della violenza.
L’autorità ecclesiastica, una volta respinta, trascinò con sé anche quella civile: il principio della rivolta contro Roma divenne il principio della rivolta contro ogni legittima autorità. Così, dal seme luterano nacquero l’anarchia religiosa, il razionalismo, l’individualismo moderno e, infine, la secolarizzazione che ha condotto l’uomo a vivere come se Dio non esistesse.
Non è un caso che, da Lutero in poi, il mondo occidentale sia entrato in una crisi spirituale irreversibile: l’uomo, liberato da Dio, si è fatto schiavo di se stesso. Il principio della sola Scriptura ha generato migliaia di sette in lotta tra loro, ciascuna pretendendo di possedere la “vera” interpretazione della Bibbia, e la fede è divenuta un’opinione privata anziché un’adesione oggettiva alla verità rivelata.
Dove prima regnavano la certezza della fede, la bellezza della liturgia, la carità delle opere e la pace dell’unità cattolica, subentrarono l’aridità spirituale, il culto della soggettività, la divisione e il caos. La “riforma” non riformò nulla: distrusse.
Eppure, la Provvidenza seppe trarre anche da tale catastrofe un bene maggiore: la Chiesa, pur ferita, si rinnovò nel Concilio di Trento, riaffermando con forza la dottrina cattolica sulla grazia, i sacramenti, la Messa e il sacerdozio; fiorirono nuovi santi e ordini religiosi, missionari e martiri che risposero all’eresia con la santità.
Ma il veleno luterano continuò a diffondersi nei secoli, penetrando anche nel mondo cattolico attraverso il liberalismo teologico e il modernismo. Per questo, ricordare il 31 ottobre 1517 non è un atto di sterile polemica, ma di fedeltà alla verità: non si può celebrare la ribellione come se fosse un passo verso la libertà, quando fu in realtà l’inizio della dissoluzione spirituale dell’Europa cristiana.
La vera riforma non nasce dalla disobbedienza, ma dalla conversione dei cuori; non dall’orgoglio dell’uomo che pretende di giudicare la Chiesa, ma dall’umiltà del santo che si lascia giudicare da Dio. Martin Lutero, spezzando l’unità del Corpo mistico di Cristo, aprì una ferita che solo la grazia potrà sanare.
